(Ri) ciao Marta! Come stai? Ci siamo da poco visti durante la cooking class con cui hai intrattenuto i partecipanti di Manger #2 attraverso lezioni di cucina in cui vigono quattro regole: guarda, prepara, assaggia, chiedi il bis! Partendo dal principio: da dove è iniziato questo percorso e cosa ti ha spinta ad appassionarti al cibo come momento d’incontro e conoscenza tra culture?
Ciao ragazzi, sto bene grazie, felice che in città sia ripreso un grande fermento!
La giornata con Mimi è stata molto divertente e interessante. Lei danza tra le persone con grazia, creando entusiasmo intorno a sé, e Oddur, suo marito, è un padrone di casa incredibile. Abbiamo fatto una cooking class tutta incentrata sui cicchetti veneziani, cose antiche che non si trovano più quasi da nessuna parte, come le masanete.
E comunque si, queste quattro regole funzionano! Quando si parla di cucina italiana e veneziana, come di tutte le cucine regionali, parliamo sempre di cucine familiari trasmesse oralmente attraverso il filo rosso del passaggio di conoscenze tra le donne della famiglia.
Oggi possiamo avvicinarci a tutte le cucine del mondo e tentare di capirne il significato ed è quello che in qualche modo cerchiamo di fare quando facciamo un workshop: più che dare grammature di ingredienti cerchiamo di trasmettere il senso di quel piatto e della cucina veneziana, anche dando una collocazione storica alle cose.
Cerchiamo di fare in modo che tutti possano imparare a capire da soli, decidere se un piatto manca di sapidità, se può essere interessante aggiungere un contrasto o magari anche togliere un ingrediente.
E quindi osservazione di quello che facciamo, preparazione, assaggio. Poi ci si confronta, si aggiusta e si assaggia di nuovo. Il più delle volte è bellissimo vedere come le persone, anche di fronte a ingredienti che magari non conoscono bene, riescano a capire quale deve essere la direzione gusto-olfattiva da dare a un piatto. Io credo che l’apprendimento sia molto questo, o meglio, questo è quello che a noi interessa e affascina.
Questo percorso non ha un inizio perché il cibo mi è sempre piaciuto, è sempre stato qualcosa a cui ho pensato molto. Sapori, proporzioni, profumi, ma anche puzze dei mercati. Quando da piccola i miei mi portavano in giro per il Mediterraneo a visitare siti archeologici con la Fiat e la tenda canadese passavamo per questi mercati che a me, bambina di allora, sembravano puzzolenti.
Oggi anche quegli odori e quei profumi fanno parte di un mio bagaglio, della mia memoria. Poi ad un ad un certo punto il cibo è diventato il mio lavoro, poco meno di dieci anni fa, ma l’incontro tra culture è una cosa che fa parte della mia vita da sempre, è l’educazione che mi è stata data.
Sempre in quella occasione, oltre a vederti all’opera assieme a Beatrice Marca, tuo braccio destro, siamo stati catturati dai racconti che hai svelato dietro ogni ricetta, ingrediente o tecnica. Ci è parso di capire che nel tuo lavoro riponi tanta attenzione nella ricerca pratica così come in quella teorica/storica, È così?
Beatrice condivide con me questo progetto di diffusione del sapere sul cibo. È giovane, preparata e studia molto. Arte e cucina per lei, architettura e cucina per me, evidentemente non è un caso se ci siamo incontrate. Il gusto, il buon gusto, il bello e i sapori sono il nostro terreno comune. Abbiamo vent’anni di differenza quindi esperienza ed esperienze di vita diverse, ma nei piatti ci confrontiamo con un linguaggio affine.
Ogni ingrediente ha un’origine, cresce in un luogo dopo aver fatto un viaggio nella storia. La cucina veneziana è piena di ingredienti e di storie bellissime da raccontare che vengono da molto lontano, sono storie che continuano ad emozionarci e cerchiamo di condividerle con chi sceglie di cucinare assieme a noi.
Parlaci un po’ della tua cucina: ci sono dei classici intramontabili che ti piace proporre più spesso? Quali, invece, sono i più apprezzati dagli ospiti che arrivano da fuori? Indimenticabili per noi le tue masanete e il dessert con baicoli, mascarpone e mostarda.
Ogni stagione ha i suoi classici, non li decidiamo noi, li decide la natura. Noi ci limitiamo a trovarli al mercato di Rialto dove ci serviamo ogni giorno. Da diversi giorni si possono trovare le castraure (il primo taglio del carciofo violetto di sant’Erasmo) e le abbiamo già utilizzate in più piatti possibili! Sono spesso un ingrediente sconosciuto ai nostri ospiti, specie nella loro versione cruda, ma che riscuote sempre un grande successo.
E infine, quale legame ti tiene stretta a Venezia? Raccontaci il rapporto che hai con questa città.
Io sono nata qui, osservo Venezia e a volte mi chiedo se ne valga ancora la pena, ebbene la risposta è sempre un sì! Per tanti motivi: per la bellezza, per le persone interessanti che ci vivono, per la laguna e il mare che per me sono elementi vitali dei quali non potrei fare a meno.
Beatrice l’ha proprio scelta, è arrivata qui da studentessa universitaria o meglio, ha proprio scelto di studiare a Venezia per poter vivere qui, ormai quasi 10 anni fa.
Alcuni aspetti di questa città, soprattutto in questi ultimi anni, a volte possono essere frustranti. Però vedere ancora tanti giovani che fanno i salti mortali per vivere qui mi convince ancora di più che questo sia ancora un luogo straordinario in cui vivere.
Marta Meo.