Gillian Longworth McGuire è scrittrice di cibo e viaggi e curatrice digitale, nota anche come “la fonte” per la sua vasta conoscenza da insider di alcune delle destinazioni più ambite in Italia. Originaria degli Stati Uniti, ha trascorso molti anni in Africa prima di trasferirsi a Roma. L’Italia non è stata amore a prima vista per lei, ma piuttosto un lento processo di scoperta e adattamento a una cultura che pensava si sarebbe dovuta lasciare alle spalle una volta esaurito il suo visto. Questa sua certezza è stata scalfita da una visita a Venezia in un giorno d’inverno, quando una voce nella sua testa ha iniziato a suggerirle che il suo futuro poteva essere lì. Dopo un lungo processo di ricerca immobiliare e una ristrutturazione in corso, Gillian ha messo radici a Castello, il quartiere più verace di Venezia, nuovo punto di partenza del suo percorso di scoperta della città a cui sente di appartenere. In questa intervista, ci racconta del suo lento ma inevitabile innamoramento con Venezia, la ricerca di un luogo dove stabilirsi, e le sue speranze per il prossimo futuro.
INTERVISTA DI VALERIA NECCHIO
FOTO DI GILLIAN MCGUIRE // RITRATTI DI VALERIA NECCHIO
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Questa intervista è stata tradotta dall’inglese
VN: Dicevamo poco fa che la prima cosa che ti viene in mente quando pensi a Venezia è che la trovi tranquilla.
GM: Molto tranquilla. Ero solita visitarla durante le prime due settimane di gennaio, e ricordo ceh pensavo, OK, è tranquilla a gennaio, ma sicuramente a luglio diventa più caotica. In realtà no. Specialmente nella zona di Castello, dove viviamo, è spesso molto silenziosa.
VN: La differenza tra estate e inverno è che si sentono le voci dei vicini.
GM: Con le finestre aperte finalmente riesco a sentire le voci nella calle. Abbiamo il circolo comunista e dei sindacati alla fine della strada. Sono sempre così entusiasta quando organizzano una festa; c’è vita fuori. Prima o poi ci vado anche io.
VN: Vorrei che iniziassi col raccontarmi della prima volta che hai visitato Venezia e di come ti sei sentita.
GM: Sono venuta qui per la prima volta quando avevo 15 anni con mio padre, che era in Italia per un breve periodo di insegnamento. Avevamo passato insieme già un paio di settimane e quando siamo arrivati a Venezia eravamo completamente stufi l’uno dell’altro. Non volevo vedere un’altra chiesa, non volevo andare in un altro museo. Quindi ho preso la sua carta di credito e sono andata a fare shopping per conto mio. Ma ovviamente mi sono subito persa –– non avevo mappa, né telefono, all’epoca –– e questo mio perdermi è diventato ben presto un piacevole girovagare. E ricordo di aver pensato, ma che posto strano è mai questo?
VN: E poi, sei più tornata negli anni successivi?
GM: La volta successiva sono venuta con amici dell’università. La mia migliore amica stava studiando in Austria e appena siamo atterrati lì abbiamo detto, ‘Andiamo a Venezia!’. Era febbraio, pieno inverno, ed è stato davvero magico. Ricordo che siamo andati alla ricerca di una fantomatica discoteca a Lido, che non penso sia mai esistita, e semmai lo fosse stata, non era certamente aperta a febbraio!
E poi non sono tornata per molto tempo, nenche dopo essermi trasferita a Roma con la mia famiglia nel 2006. Siamo venuti una volta per la Biennale e quella è stata la prima volta che abbiamo visitato la città in famiglia, ed è stata anche la mia prima volta che ho visto la città da adulta. Mi ha affascinata molto, non c’è dubbio. Voglio dire, qui non c’è via di mezzo: o ti cattura completamente o la vedi come il caos totale.
VN: È vero, non c’è spazio per sfumature o sentimenti intermedi: o ti respinge –– e tu la respingi –– o ti cattura completamente. È come se stessi guardando due immagini diverse di due posti completamente diversi. Ma è lo stesso posto, la differenza sta nell’occhio (o nella sensibilità?) della persona che guarda.
GM: Verissimo. Sono sempre molto curiosa quando le persone mi chiedono come si possa vivere in questa città, oppure addirittura –– e non mi capita tanto spesso, ma a volte succede ––se siamo autorizzati a vivere a Venezia! E pensa che l’ultima persona che mi ha fatto questa domanda è una persona intelligente e che ha viaggiato; semplicemente non riusciva a concepire che la gente potesse vivere qui. C’è sicuramente questa strana percezione rispetto alla città.
VN: E diresti che questa percezione sia uno dei motivi per cui chi la visita fatica a capire che, proprio perché ci sono persone che vivono qui, la città deve comunque funzionare a un ritmo normale, che le attività quotidiane devono essere svolte?
GM: La mia esperienza è comunque agli antipodi: ho sempre avuto la percezione che anche la vita normale si muova un po’ più lentamente qui. Questo è stato un’altra grande lezione per me: il fatto che le cose non possano andare oltre una certa velocità. Ti abitui, ed è un adattamento molto sottile, quasi intangibile, ma è una differenza percepibile per me. Detto questo, non siamo certo a Venezia perchè è pratica o comoda. Ci sono motivi più profondi.
VN: Quando e come è nata l’idea di trasferirsi a Venezia?
GM: Vivevamo a Roma e mio marito si stava preparando ad andare in pensione. A quel punto, avendo vissuto all’estero da quando avevo 22 anni, ero pronta a tornare in America. Stavamo facendo progetti per trasferirci in California. E poi, per caso, di ritorno da un meeting di lavoro a Venezia –– stavo cercando un modo per visitare e godermi la città una o due volte all’anno, magari attraverso un workshop –– ho sentito questa voce nella testa che mi diceva, ‘Voglio vivere a Venezia, voglio vivere a Venezia.’ Ma non sembrava possibile all’epoca perché, anche se avevamo vissuto in Italia per 17 anni, avevamo un visto diplomatico legato al lavoro di mio marito, quindi una volta scaduto quello saremmo dovuti rientrare in America. Poi, giusto un paio di settimane più tardi, scoprimmo che le regole erano cambiate e il governo italiano aveva acconsentito a contare gli anni di permanenza delle persone che avevano lavorato per la FAO nella domanda di un permesso di soggiorno. Ci sembrava un’opportunità da non sprecare, un regalo incredibile, una specie di segno.
Tuttavia, nell’iniziare questo nuovo processo burocratico parecchio complicato, non so bene dirti il perché, non ci è mai venuto in mente di guardare a Roma. Il primo pensiero è stato, ‘Trasferiamoci a Venezia’, e mio marito ha risposto, ‘È un’ottima idea, facciamolo.’ Ho guardato i prezzi delle case a Venezia e, soprattutto rispetto al centro di Roma, che sarebbe diventato difficile da permettersi, ho iniziato a pensare che sarebbe potuto funzionare. Sono convinta che rimanere a Roma sarebbe stato un errore, avrei dovuto fare tante concessioni. Mi manca Roma. Non mi manca vivere a Roma. La mia vita qui è solo migliorata: è più facile e, per tanti versi, più prevedibile.
VN: Com’è stato il processo di ricerca della casa?
GM: È stato un’avventura. Come acquirente, devi fare gran parte del lavoro. Passavo ore a guardare annunci online e a chiamare agenzie immobiliari. Alla fine, ho visionato una decina di proprietà, quindi non un numero eccessivo. Ce n’era una che ci era piaciuta molto, con un piccolo balcone che si affacciava sul Rio dei Greci dal quale potevi vedere le gondole passare e il battello della spazzatura ormeggiato –– tutte le cose che amo. E sul retro, la casa si affacciava sui giardini dei Cavalieri di Malta. Era bellissima. Ma aveva diversi problemi catastali.
VN: Difficile trovare un appartamento a Venezia che non li abbia.
GM: Infatti! Ovviamente mio marito era perentorio sulla questione, nonostante io abbia tentato di fargli capire che sarebbero state tutte più o meno così. Era una scelta difficile. Continuavo a chiedermi come si potesse prendere una decisione così importante, impegnando i risparmi di una vita, avendola vista un paio di volte di sfuggita. C’erano tantissime domande a cui non potevo dare risposta: come saranno i vicini? Che rumori si sentono durante la settimana, e la domenica? Tutti questi fattori imprevedibili. E nonostante questo, mi piaceva tanto. Quando ho capito che avevano accettato un’offerta diversa dalla nostra, mi è dispiaciuto molto.
Sono tornata durante il Carnevale dell’anno successivo. Sul treno avevo visto questo annuncio per questa casa che aveva una scala terribile nel mezzo della stanza, e un’altra stanza che era dipinta di verde brillante…era orribile. Ma ho pensato, andiamo a vederla, amo quella strada [una perpendicolare di Via Garibaldi, ndr]. Sono andata e c’erano due giovani che vivevano lì che erano entrambi camerieri e sembravano molto stanchi –– non sembravano troppo felici di mostrare la casa, quindi la visita è stata davvero rapidissima. E mentre uscivamo, questa persona, Lorenzo, che ci stava aiutando in questa fase, mi ha detto: comprala. E io ho detto, è davvero brutta. E lui: la bruttezza è rimediabile. Il tetto è buono. Tutto è in ottimo stato. Tutte le altre case che hai visto avevano qualche problema, ma non questa. Comprala. E così abbiamo fatto.
Il processo di acquisto è andato per le lunghe, ma ci ha consentito di vivere lì per quasi quattro mesi. Ed è stata una cosa provvidenziale, perché abbiamo potuto apprezzarne tutti i lati positivi. I vicini sono simpatici e la strada è incantevole. La casa è calda e non umida. Tutte cose molto cruciali –– cose difficili da sistemare. Alla fine, Lorenzo aveva ragione.
VN: E ora come sta andando?
GM: Ora è ancora tutto un po’ caotico, ma sta andando avanti. Per diversi mesi abbiamo rischiato di perdere molti soldi e molto tempo, ma per fortuna tutti hanno contribuito nel portare avanti la cosa nel migliore dei modi, tutti sono stati collaborativi, e finalmente stiamo cominciando a vedere un po’ di luce in fondo al tunnel.
Ora, mi basta uscire di casa e camminare verso l’acqua per pensare, ma davvero io vivo qui? Questo è quello che mi ripeto ogni giorno. Davvero io vivo qui? E attenzione, non è per niente glamour. Ma è bellissimo, e molto veneziano.
VN: Come ti senti rispetto alla comunità?
GM: Fare nuovi amici in età adulta e in una nuova città non è mai semplice. Ma trovo che la comunità straniera qui sia più aperta e accogliente rispetto a Roma. Non so se sia perché Venezia è più piccola e devi davvero scegliere di viverci, ma questa è stata la mia esperienza. Roma non è mai stata una mia scelta, era un altro posto in cui mio marito era stato mandato per lavoro. Me ne sono innamorata piano piano, ma non è stato amore a prima vista. Al contrario, non penso che siano molte le persone che finiscono a Venezia per caso. Quindi c’è già una sorta di filtro che fa sì che chi arriva qui abbia una sensibilità simile e un approccio in grado di far fronte alle peculiarità della città
VN: E con questo torniamo un po’ a ciò che stavamo dicendo prima rispetto al fatto che la città non avalla sentimenti intermedi o, per meglio dire, ambigui.
GM: Ora ti racconto una storia che ha a che fare con questo. Quando ci stavamo per trasferire in California, sono andata a trovare la mia migliore amica nel Maryland –– quella stessa amica che viveva in Austria durante l’università. Le ho detto che stavamolasciando Roma e che volevamo andare a vivere a Los Angeles. E lei mi ha fatto sedere, mi ha preso per mano e mi ha detto, te lo dirò una volta sola e poi non aprirò mai più questo capitolo: la tua vita è piena di bellezza. Non puoi trasferirti a Los Angeles. Ed è una cosa a cui penso, se non giornalmente, sicuramente ogni settimana. Aveva ragione. C’è bellezza a Los Angeles, ovviamente, come potrebbe esserci a Mestre. Ma non si può dire che siano posti belli. Mentre qui, non c’è niente da fare, ne sei completamente immerso, circondato.
VN: E poi hai la presenza dell’acqua…ora dirò una cosa estremamente banale, ma se tutto intorno a te è bello e poi hai l’acqua che riflette quella bellezza, la tua esperienza estetica è utleriormente amplificata.
GM: La vedi e la senti, l’acqua. Ormai è il mio rumore di sottofondo. E anche il viavai delle barche è molto più rilassante del normale traffico cittadino.
VN: Ora che ti sei sistemata, hai adottato un rituale o una routine, un percorso preferito?
GM: Non penso di avere una vera e propria routine ancora perché fino a poco tempo fa ho vissuto col fiato sospeso per tutte le ragioni burocratiche di cui abbiamo parlato. Scaramanticamente, ho avuto paura di rovinare tutto, quindi non ho nemmeno messo un portachiavi sul mazzo di chiavi fintanto che non avevo quel pezzo di carta.
In generale, posso dirti che non sono una persona mattiniera. Mio marito si alza e va in palestra, mentre io uso la mattina per scrivere a casa, in silenzio, che è una cosa che adoro. Esco nel pomeriggio e faccio una lunga passeggiata. Adoro l’area intorno a San Francesco della Vigna, quel chiostro è la mia cosa preferita. E poi, in inverno, quando è meno affollato, mi piace molto camminare lungo la Riva degli Schiavoni verso San Marco all’ora del tramonto. È semplicemente magico.
VN: Quindi sei una persona che, di suo, ama camminare.
GM: Moltissimo. Non mi piacciono le auto. Scelgo sempre di camminare se posso. Anche in questo senso, Venezia è il posto perfetto per me.
VN: Come ti relazioni alla presenza silenziosa ma prepotente della laguna?
GM: Amo il mare. La laguna mi piace come concetto, mi piace guardarla –– è semplicemente spettacolare –– ma la trovo un po’ lacustre, quindi non sono tentata di nuotarci neanche quando siamo in barca, a largo. Ho la fortuna di avere un paio di amici che possiedono una piccola casa e una fattoria a Sant’Erasmo. Sono molto generosi e ci invitano lì ogni tanto, ed è un’esperienza molto bella. Entrambi vogliono trasferirsi e vivere lì per sempre. Capisco le loro ragioni, ma non è per me. Non sono una persona di campagna, sono una persona di città. Mi piace andare in mezzo al verde per qualche ora ma poi sono molto felice di scendere dalla barca a Sant’Elena e camminare sui sassi.
VN: Sei anche una persona di mare, dicevi. Vai spesso al Lido?
GM: Il Lido è stata una scoperta incredibile per me. L’avevo sempre un po’ trascurato pensando, sai, che fosse una sorta di strana periferia. E poi un amico è venuto a trovarmi l’anno scorso dagli Stati Uniti e ha detto, ‘Ma che cos’è questo Lido?’ E così siamo andati a esplorarlo, ed è stata una grande sorpresa.
La verità è che è sempre molto difficile trascinarmi fuori da Venezia. C’è troppo da vedere. Soprattutto prima che ci trasferissimo qui, avevo troppe cose che volevo fare in centro storico. Il Lido ha più un gusto da villeggiatura per me.
VN: Anche per me il Lido è stata una scoperta. Una scoperta ma anche una presa di coscienza che non solo viviamo in questa città pazzesca, ma viviamo anche a un tiro di schioppo dal mare. In estate, posso finire di lavorare, saltare su un vaporetto e andare a nuotare fino al tramonto, fare aperitivo e poi tornare a casa senza sforzi.
GM: Proprio così!
VN: Che cosa c’è nel tuo prossimo futuro?
GM: Uno dei miei obiettivi per il 2024 è attraversare ogni ponte.
VN: Ma bellissimo!
GM: È solo un modo per arrivare in ogni angolo della città e non permettere al mio mondo di diventare sempre più piccolo col passare dei mesi e l’arrivo dell’alta stagione. Perché questo è il rischio, di ritirarsi sempre di più negli anfratti, nelle calli secondarie, e per cosa? Quindi sì, ci sono circa 400 ponti da fare in città, e ho fatto delle liste che tengo sul telefono e che mi aiutano a tener traccia di quelli fatti. Per ora ho fatto tutti quelli di Castello.
VN: È interessante, questo concetto del non voler ritirarsi. Ha molto a che fare col prendere spazio, anche in senso metaforico, a livello di dibattito civico. A volte sarebbe molto più semplice continuare a lamentarsi a porte chiuse, senza risolvere molto. Invece quel che deve accadere è forse l’esatto contrario: riappropriarsi di questo spazio –– che sia virtuale o fisico. Fare. Agire.
GM: E dare modo di far arrivare persone e idee nuove e interessanti. Ho visto di recente un film, dal titolo Cielo Aperto, che parlava proprio di questa cosa, del riappropriarsi dello spazio, e molte delle persone nel film erano giovani che facevano cose come discoteche sotteranee o prendevano in gestione padiglioni dismessi. Tutto questo per dire che sono d’accordo sul fatto che questo sia un processo necessario: riappropriarsi dello spazio il più possibile, senza paura, insieme.
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*Una nota di Gillian sulla sua playlist: “Venezia sa essere un luogo a volte complicato. La decisione di trasferirsi qui è stata semplice, ma l’attuazione ha avuto dei momenti a volte lunghi, a volte tediosi. Ma in fondo, non c’è un sogno degno di essere realizzato che sia di facile raggiungimento. Queste canzoni raccontano di quel sogno. Dal lasciare la Roma che amo al festeggiare il Redentore in una gondola parcheggiata di fronte a Piazza San Marco, al guardare gli italiani cantare ogni parola di una canzone contro la guerra la vigilia di Natale su un vaporetto riadattato sul bordo della laguna settentrionale. E oltre quel sogno, raccontano finalmente di casa.”