Valeria Necchio è una food and travel writer appassionata della cucina veneta, la sua regione d’origine. Qui è dove è tornata, dopo aver studiato comunicazione enogastronomica in Piemonte e dopo aver vissuto diversi anni a Londra, dove ha lavorato nel settore della comunicazione e marketing per il mondo del food.
Conosciamo Valeria da qualche anno, da quando incroci di persone e progetti interessanti ci hanno fatto stringere un’amicizia speciale che si rinnova ad ogni caffè condiviso, eventi cittadini ed incontri casuali tra le calli di Venezia!
Ciao Valeria! Da questa tua breve presentazione emerge subito che il mondo del vino e del cibo ti circonda e ti appassiona. Pensando alla cucina del tuo (nostro!) territorio svelaci qual è il piatto che hai più a cuore, legato alla tua infanzia, ad un ricordo o un luogo speciale che porti sempre con te. E che vino ci abbineresti?
Ciao! Questa è una domanda che mi entusiasma sempre! Uno dei piatti che ho più a cuore è sicuramente la pasta e fagioli. E’ un piatto molto poco “glamour”, molto beige, ma che mi scalda sempre e che non mi stanca mai. Quello della mia infanzia ha il sentore del prezzemolo e del lardo battuto; è fatto coi fagioli borlotti dell’orto, sapientemente raccolti e conservati per la stagione invernale. Ha un profumo inebriante ed è comfort puro ad ogni cucchiaiata. Si tratta di un piatto veneto per eccellenza, e in quanto tale, il vino che ci abbinerei è un rosso veneto, un taglio di merlot e cabernet del Colli Euganei, che nella sua semplicità va a braccetto con un piatto così rustico.
Ma iniziamo dall’inizio! Quando e come hai capito che la tua passione era così grande da poter diventare il tuo lavoro?
L’ho capito alla fine dei tre anni di università. Stavo studiando mediazione linguistica, per un po’ ho pensato che mi sarebbe piaciuto fare la traduttrice letteraria. Poi, invece, mi sono lasciata trasportare da questo interesse spassionato e quasi antropologico per il cibo. Mi piaceva scriverne, mi piaceva fotografarlo, cucinarlo, assaggiarlo, scoprirlo. E così, mi son detta, forse era il caso di farne qualcosa di più di una semplice passione.
Una domanda personale che ci piace spesso fare perché le risposte ci sorprendono sempre. Come mai hai scelto di vivere a Venezia? Cosa ti spinge a fare tanti sacrifici per restare in isola?
Essendo una veneziana delle campagne, come si suol dire, per molto tempo ho visto Venezia come fa chiunque altro la visiti in giornata: in modo parziale e limitato. Non ho mai pensato, fino a pochi anni fa, di farne la mia città. Per molto tempo, in realtà, ho cercato di scappare lontano da “casa” – volevo vedere cosa c’era là fuori. Poi, una serie di vicende personali, la pandemia, la Brexit, mi hanno fatto venire voglia di tornare, ma l’esperienza londinese mi aveva insegnato qualcosa su di me: mi piacevano gli ambienti urbani, vivaci, internazionali. Ho trovato in Venezia la città ideale: quel giusto mix di piccola comunità e gran viavai di persone da tutto il mondo; di tradizione e internazionalità; di radicamento e apertura. E’ stato facile sceglierla ed è stato facile sentirsi immediatamente parte di qualcosa. Ci sono tantissime cose da fare, a Venezia, sia nel senso di tenersi occupati, sia nel senso di cose da fare per contribuire a renderla migliore. La sensazione di sentirsi accolti e sentirsi agenti attivi è bellissima, è una sensazione nuova, per me. L’ho cercata in passato e l’ho trovata solo qui. E quindi, nonostante le difficoltà, rimango, e continuo a volerle bene.
Così come il tuo percorso formativo ti ha portata a viaggiare, ora grazie alle tue passioni accompagni chi ti segue ad esplorare Venezia e il Veneto attraverso immagini e scrittura. Ti va di raccontarci un progetto personale che ti sta particolarmente a cuore?
Sicuramente il progetto del mio libro, Veneto (Faber) rimane quello che mi sta più a cuore, Il libro è uscito nel 2017 dopo un paio di anni di lavoro effettivo, ma racchiude praticamente tre decenni di storie personali e intergenerazionali della mia famiglia, oltre a ricette che ho collezionato nel tempo e che ho messo tutte lì. Lo definisco un ricettario-memoir, perché in un certo senso è sia un libro di cucina che un libro di memorie. La cosa bella, per quel che ho potuto vedere in questi cinque anni dall’uscita, è che in molti, oltre ad apprezzare le ricette, si immedesimano molto nel racconto, vuoi perché gli ricorda qualcosa del proprio vissuto, o magari perché gli ricorda un viaggio fatto, o un piatto provato…e questa cosa mi fa sempre felice!
E ora testiamo la tua venezianità: un bar, un sestiere, un momento della giornata che preferisci a Venezia.
Non sono mattiniera, purtroppo. Dico purtroppo perché la mattina presto è forse il momento più magico a Venezia: il viavai di residenti e studenti, barche che trasportano forniture per i negozi, cani che scorrazzano: insomma, uno spaccato di vita vera. Non vivendolo molto, però, dico la sera: è quando le calli diventano di nuovo quiete, si può camminare senza trovare ingorghi, e ci si riprende un po’ la città. Il mio sestiere preferito è Cannaregio: adoro la zona tra i Santi Apostoli e gli Ormesini, con tutti i suoi locali interessanti. Tra tutti, il bacaro risorto per i panini e le birrette; Vino Vero o La Sete per un calice o due; Osteria Giorgione da Masa per una cena diversa, da Venezia al Giappone e ritorno; o Rioba o Anice Stellato, per un paio di piatti ben fatti con materie prime e vini d’eccellenza.
Ci vediamo presto!