Nata a Bolzano, ora vive fra la sua città e Milano. Valentina Romen si dedica alla creazione di gioielli in bronzo da 7 anni, ma il suo incontro con l’artigianato avviene molto prima.
Come nasce Eigenart? Qual è stato il percorso che ti ha portata a diventare una creatrice di gioielli realizzati a mano? C’è stato una figura o un periodo della tua vita che ti ha ispirata maggiormente ?
Subito dopo la maturità desideravo diventare restauratrice e ho avuto l’opportunità di lavorare in due studi importanti, mettendo mano a pitture su tavola, tela, e anche affreschi. Ma allo stesso momento volevo continuare a studiare. Mi sono laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, e gli stimoli e le opportunità mi hanno portata a esplorare diverse possibilità di lavoro nel mondo dell’arte, soprattutto nell’organizzazione di mostre d’arte.
Presto, però, è tornata la voglia di creare qualcosa con le mie mani e ho seguito dei corsi di oreficeria. È soprattutto la tecnica della fusione a cera persa che mi regala la libertà più grande: quella di realizzare delle piccole sculture, seguendo linee geometriche e divertimenti anatomici.
Spesso parto sperimentando dalla natura vicina a me, nella zona del Sud Tirolo. Osservo le rocce, le trasformo modellandone la forma in cera e passo la fusione ad un artigiano specializzato. E così la pietra si trasforma in bronzo.
Ma mi piace andare oltre. Fotografo le rocce e le trasferisco su una sottile lastra in alluminio. Oppure le rendo fluide e leggere con una stampa su seta. Così gli audaci scalatori si arrampicano sul corpo umano, si aggrappano alla corda intorno al collo, si fissano come un pin sui risvolti, si tengono forti ai maglioni. Quando un gioiello non viene indossato, spesso viene custodito lontano. Per dare un’altra vita all’oggetto, l’alpinista è appeso nella foto di una roccia stampata su alluminio. La foto è il supporto, il portagioie. La roccia rimane sul muro, l’arrampicatore può partire per la sua escursione e a casa torna sulla sua rupe. Nel mio percorso vedo il piacere di una ricerca continua.
Chi è Valentina oltre Eigenart? Cosa non sanno gli altri su di te? Le tue passioni nascoste, un dettaglio. Quali altre forme d’arte ti incuriosiscono oltre, ovviamente, l’artigianato?
Sono qualcuno alla ricerca dell’armonia nel movimento, in quel che faccio, nel rapporto con il mondo circostante. Una passione non tanto nascosta rimangono i viaggi. Viaggi stazionari, in quanto preferisco esplorare le mete lentamente, sentirmi un po’ local, trovare la routine lontana da casa. Amo il giardinaggio, che è una cosa fisica, un confronto con forze che non posso influenzare del tutto.
Vi svelo il mio dolce preferito, la Zwetschgendatschi, la crostata di pasta frolla e prugne, legata alla stagione del mio compleanno. Mi piace la montagna, sia d’estate che d’inverno, anche se soffro di vertigini!
Vorrei dedicarmi alla ceramica, ma temo che in questo momento mi potrebbe portare via dal metallo. E non sono ancora pronta.
Bolzano e Venezia: due realtà molto diverse tra loro. Da una parte una città cullata dalla quiete delle montagne che la circondano e dall’altra un’isola caotica -come vediamo in questa primavera- immersa nella laguna. Due capoluoghi di rilievo che, tuttavia, trovano nei vivaci scambi commerciali e culturali un interessante denominatore comune. Cosa ti piace dell’una e dell’altra città? Da “visitatrice” siamo curiosi di sapere quali aspetti di Bolzano ritrovi a Venezia” e cosa, al contrario, trovi di completamente nuovo.
Banale dire, ma Venezia è unica. Personalmente di primo impatto non associo “caotico” a Venezia. Al contrario, da visitatrice mi piace scegliere il momento della quiete serale e notturna. In generale mi piacciono i rumori di questa città. Venezia mi rassicura perchè mi sento vicina all’acqua (elemento che mi piace), ma non è il mare aperto (che mi spaventa). Ho bisogno di confini. Mi appassiona questa convivenza con l’acqua, la possibilità di trovarmi in fondo a una calle e dover tornare indietro. Si, mi piace questo rischio calcolato, la necessità di non aver fretta a Venezia.
Si, entrambe le città devono tanto alla loro storia di città commerciali, di confine, che con il passare del tempo è stata sostituita dal turismo. E così in entrambi ritrovo l’accoglienza, che ora cerca di essere di alto livello, che cerca di difendersi da un’invasione veloce, quando si parla di vietare le grandi navi o di chiudere i passi di montagna a un turismo troppo frettoloso.
Cosa tiene accesa la tua ispirazione oggi? C’è un rituale, delle abitudini, ma anche un ambiente che contribuiscono ad immergerti completamente nel processo creativo? cosa ti aiuta?
La mia ispirazione viene tirata nelle direzioni più diverse, e così accetto la critica di qualche caro amico, che passo dalle forme concrete e geometriche, a un mondo giocoso come quello delle scimmie. Allo stesso momento è la mia clientela che mi stimola con richieste a volte apparentemente fuori dalla mia ricerca, mi lancia un’idea e io mi lascio trascinare.
Quando mi dedico alle forme geometriche è l’istinto a guidarmi; quando invece sono forme umane o animali, mi piace capire il movimento, immergermi nell’iconografia.
Parlaci un po’ delle tue creazioni.
I materiali principali che lavoro sono la cera, nel momento della creazione, e il bronzo, come materiale finale. Quando sono soddisfatta del risultato faccio fare la gomma, il negativo dal quale posso replicare l’oggetto più volte; ma anche in quel caso, mi piace rielaborare le cere, per rendere ogni oggetto unico. Non vorrei mai annoiarmi con quel che ho fra le mani!
Se dovessi pescare tre aggettivi vi direi dinamico – affabile – tattile
Dinamico perchè mi affascina il movimento e cerco di proporre gli oggetti in movimento riproducendo la dinamicità dei gesti. Affabile perché invita al dialogo, intimo. Tattile: per il piacere di tenerlo fra le dita.
E vorrei aggiungerne altri! Contrastante, per la tensione fra la durezza del materiale e la morbidezza del movimento. Frizzante perché stanno bene con tutto e donano un tocco di eleganza simpatica a chi li indossa.