Marta Bridi è una donna poliedrica, ispirata e ispirante. Originaria di Verona, è arrivata a Venezia tredici anni fa per studiare, è tornata per amore, ed è rimasta per se stessa. Marta gestisce una galleria d’arte (IN’EI), è creatrice di gioielli e ceramiche per Terraugusta e Limonium Studio, e insegnante di kundalini yoga. Pratica danza, poesia, teatro e meditazione. Profonda conoscitrice delle culture orientali, Marta possiede una spiritualità e un’introspezione che la portano ad avere uno sguardo acuto e sensibile sull’estetica e l’umanità di Venezia. In questa intervista, ci racconta del suo percorso alla ricerca di sé, degli incontri che l’hanno cambiata lungo il percorso, e di alcuni dei suoi luoghi del cuore.
INTERVISTATA DA VALERIA NECCHIO
FOTO DI MARTA BRIDI / RITRATTI DI VALERIA NECCHIO
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V: Iniziamo sempre dall’inizio. Raccontami di quando sei arrivata a Venezia.
M: Sono arrivata 13 anni fa per fare la triennale in Lingue, Culture e Società dell’Asia Orientale a Ca’ Foscari con indirizzo lingua cinese. Durante l’università ho trascorso un periodo in Cina e conclusi gli studi sono tornata a Verona, in seguito il lavoro mi ha portata a Milano e ora da otto anni sono tornata a Venezia. La scintilla che mi ha riportato qui è stato l’amore – mentre vivevo a Milano stavo con un ragazzo che viveva a Venezia, stavamo insieme dall’università e Venezia ci legava tantissimo. Così, ho deciso di dire basta a Milano, dove sentivo che la vita, il lavoro, e le persone non mi rappresentavano più. Dopo un paio d’anni la storia è finita però l’amore per Venezia è rimasto. Lui è partito per il Portogallo, ma io stavo troppo bene per decidere di andarmene. Sentivo ormai che Venezia era il mio posto, dove stare e dove rimanere. Non era il mio momento di partire e magari sento che non lo sarà mai.
V: Che cosa ti trattiene?
M: Qui c’è un’energia molto potente. Ho studiato culture orientali e quindi anche i concetti come il Feng Shui – feng vuol dire vento, shui vuol dire acqua, e sono gli elementi che plasmano la terra, e il cui scorrere identifica il benessere, e dunque anche un luogo salubre per il corpo, per la mente, per l’anima. Per me questa città ha proprio queste caratteristiche. C’è un’energia, un magnetismo che attira le persone qui e le trattiene. E poi c’è anche una consapevolezza, nel senso che se sei qui sai perché sei qui – non a livello razionale, ma di cuore. Se sei qui è perché hai il cuore aperto, e questa città ti trattiene perché ti predisponi con il cuore a stare qui. Venezia è una città totalizzante, per cui non puoi viverla davvero se vivi in maniera superficiale, non puoi essere qui se non sei coinvolto. Infatti quando le persone mi dicono: “Non so se rimarrò qui, come fa a piacerti vivere qui, forse me ne andrò…”. Ecco, forse è perché non c’è abbastanza coinvolgimento, perché il cuore non è abbastanza aperto da poter entrare nella totalità di questo posto, nella sua universalità, nei suoi elementi alla base – l’acqua, il vento, appunto. Questa cosa che c’è l’acqua che scorre tutto il tempo non è una cosa banale, è una cosa unica, e influisce sul nostro vivere.
V: Effettivamente è una città che ti mette molto alla prova, quindi è molto facile mollare se non si prova questo senso di radicamento.
M: Certo, non è una città statica perché l’energia che c’è, è potente e la senti. Se sei in ascolto la senti tantissimo. E tu devi incedere allo stesso ritmo di questa città. Questa città è un pellegrinaggio continuo. Lo vedi nella metafora del camminare. Venezia ti chiede un andare avanti nella vita, un avanzare in tutto: nelle emozioni, nel corpo, nelle relazioni con le persone.
“Questa città è un pellegrinaggio continuo. Lo vedi nella metafora del camminare. Venezia ti chiede un andare avanti nella vita, un avanzare in tutto: nelle emozioni, nel corpo, nelle relazioni con le persone. “
V: Raccontami delle persone che hai incontrato qui e di come hanno influenzato questo incedere.
M: Ci stavo riflettendo proprio qualche giorno fa, pensavo al fatto che Venezia ha un nome femminile e mentre lo pensavo, mi guardavo intorno e mi accorgevo che quello che mi ispira in questa città sono le donne. Se guardo chi ho come punti cardini, come punti di ispirazione, vedo queste donne – in ambiti diversi, dallo yoga, al teatro, alla danza, al lavoro, alle amicizie – e dico caspita, il tessuto sociale, antropologico di questa città, nel mio caso, nella mia dimensione sono le donne. Donne di tutte le età, coetanee ma anche donne più adulte. Mi rendo conto che anche questa cosa nel mio caso proprio si palesa tantissimo e mi chiedo se sono io che cerco questo, se sono io che attraggo queste figure. Credo di sì, perché è quello che mi è necessario per vivere bene in questo posto.
V: Anche per il mio vissuto, qui ti rimane quel qualcosa delle persone che ti fa vibrare in modo diverso.
M: Noi siamo poli, quindi attraiamo e respingiamo. Incontri, riparti, incontri, riparti, e ogni incontro è un arricchimento, un legame e quindi alla fine se tu fai uno zoom dall’alto e lo guardi, vedi che si è creata tutta una una rete che è una mappa alternativa della città. Facci caso: se tu non vuoi incontrare qualcuno, c’è come un’energia universale che nove volte su dieci non ti porta a incontrare quel qualcuno. Io più approfondisco queste filosofie orientali e lascio che si sedimentino, più mi convinco di questo – c’è un percorso e quel percorso lì ha senso per te, e chi incontri ha senso per te. Per me vivere a Venezia ha portato questa consapevolezza.
Poi, quando ho scoperto che la mia bisnonna veniva qui per curarsi l’asma e andava a Pellestrina – passava le estati a San Piero in Volta a fare l’uncinetto – ho capito perché per me quel posto è così potente, perché è un rifugio, una ricarica spirituale potentissima. Alla fine torni sempre indietro per andare avanti.
V: E poi c’è questa dimensione della cura, che è sia un prendersi cura e sia un essere curati da questo luogo, se glielo concedi.
M: Sei protetto, gli altri sono protetti e tu proteggi gli altri. C’è come una sorta di protezione ma c’è anche una presenza spirituale molto potente. Se guardi tutti i capitelli che ci sono in giro, tutte le madonne – anche in mare, in laguna…la gente ha sempre chiesto protezione. Lo spirito è l’anima. Questo noi curiamo. Cerchiamo di curare questo per vivere bene e cercare di stare bene in ogni momento.
“Venezia ha un nome femminile e mentre lo pensavo, mi guardavo intorno e mi accorgevo che quello che mi ispira in questa città sono le donne. Se guardo chi ho come punti cardini, come punti di ispirazione, vedo queste donne.”
V: Sei molto poliedrica. Fai un sacco di cose, appunto, dallo yoga al teatro, passando per le ceramiche e i gioielli. Qual è il fil rouge, se c’è?
M: Il fil rouge è il cuore. Tutto quello che faccio è perché viene da dentro, perché per me è un’espressione, un’estensione di me. Questa città a me ha portato tutto. Mi ha portato proprio un’identità vera. Non che io prima non l’avessi, ma era inespressa, mi ero convinta che mi piacesse lavorare in un certo ambito con un certo ritmo, credevo che mi rappresentasse. Poi dopo ho capito che non era così, che quello che avevo dentro non risuonava con quello che veniva fuori, e questo è un elemento che ti indebolisce. A me questa città ha dato proprio questa verità lampante, non dalla sera alla mattina, è stato un percorso, però mi ha aiutato a capire in che direzione andava la mia anima. Quindi ho iniziato con la ceramica, la danza, i gioielli e appunto, sono sempre state donne che mi hanno indirizzato, mostrato la via. Finché a un certo punto ho detto: questa sono io. Se non ti immergi col cuore, quello che fai è sterile e per me non è contemplabile. Se fai le cose col cuore non c’è sforzo. Certo, c’è impegno, elaborazione, ma è un’evoluzione positiva priva di fatica.
V: Ho pensato spesso all’idea che, a chi si dona a questa città con fiducia, a chi si butta, questa città sa ridare indietro tanto.
M: E’ così, c’è qualcosa di più grande, di più misterioso, che se tu hai fede, fiducia, provvederà per te. Questo non vuol dire che tu non devi superare delle prove. Le difficoltà ci sono, magari cadi, ma non è un problema perché poi ti alzi e vai avanti. L’importante è predisporsi con il cuore all’ascolto e avere fiducia che quello che dev’essere arriverà. Io mi sono messa in ascolto, ho accettato tutto quello che mi è arrivato anche con paura, dolore e rabbia, ma consapevole che tutto diventa al tempo giusto moneta di scambio, e visto che sono in cammino, vado avanti”
V: Le tue ceramiche e i tuoi gioielli sono pezzi unici che dialogano tra loro. Quando e come è iniziato tutto?
M: Con le ceramiche ho iniziato quando sono tornata a Venezia otto anni fa, sentivo questa curiosità, questa ispirazione. E così ho conosciuto Daniela Levera, una grande ceramista, aveva uno studio a Castello ed è stata presidente dei Bochaleri, ho iniziato con lei. Ora, da quasi quattro anni produco le ceramiche a Forte Marghera, e così anche i gioielli. Questo perché Chiara Zandarin, presidente dell’associazione Pandora e ormai carissima amica, mi ha introdotto all’oreficeria, che come un’onda ha subito preso un flusso naturale nel mio essere, un po’ anarchico e fuori dagli schemi ma anche molto disciplinato. Le due cose fanno ormai percorsi paralleli, quindi anche in base al mio sentire del momento faccio o gioielli o ceramiche, ma le due cose spesso si fondono, io stessa li vedo un po’ come un corpo unico, si influenzano. I miei gioielli hanno delle forme organiche e così anche le ceramiche, nel mio sentire sono cose che vengono da me.
V: Cosa ti ispira?
M: Le forme antiche. Le forme etrusche – ecco, gli Etruschi sono un popolo che non finirò mai di studiare. vedo che nelle mie produzioni tornano delle forme, dei disegni che facevano parte di questa civiltà e al tempo stesso sono visioni naturali e spontanee nella connessione col tutto – ad esempio i motivi a spirale che mi piace molto inserire. E poi i colori di Venezia. Tutto in questa città mi dà ispirazione – tramonti, albe, geometrie, acqua. Sento che il colore è proprio nella profondità del mio essere. Infatti è interessante quando vedo le persone che scelgono certi gioielli con certi colori. È molto interessante vedere chi va dove. Per me sono gioielli molto istintivi e noto che è anche istintiva la scelta delle persone, e mi piace vedere che cosa percepiscono gli altri di quella mia proiezione, e dove si orientano in base alla propria.
V: So che leggi molto. Che cosa stai leggendo ora e cosa ti sta regalando questa lettura?
M: In questo momento sta leggendo Un indovino mi disse di Tiziano Terzani. L’ho preso dalla libreria di casa mia, uno dei libri di mia mamma che è una grandissima lettrice. L’ho sempre visto sullo scaffale dacché ne ho memoria, accanto alla tagliente Oriana Fallaci di cui sono peraltro grande ammiratrice, e ho sentito che era il momento giusto per leggerlo. Il protagonista, il giornalista Terzani appunto, viene avvertito da un indovino che non dovrà prendere aerei per un anno, e così questo viaggiare lento lo porta a fare degli incontri e delle esperienze che altrimenti non avrebbe mai fatto. È interessante come ci siano delle cose in questo libro che stanno tornando ora nella mia vita. Al di là del camminare e dell’incontrare persone, come succede a Venezia. Ad esempio, il nome della galleria dove lavoro qui a Venezia, che si chiama In’EI, che significa ombra, e Terzani cita il libro di Tanizaki dal quale proviene questo concetto giapponese molto affascinante, sulla bellezza dell’oscurità, molto diversa dalla visione occidentale. E così altri rimandi. Si può pensare che siano fatalità, ma non è mai così nell’ordine universale delle cose. Se tu rimani in ascolto e sei predisposto, niente è per caso. E quindi è proprio il libro che dovevo leggere adesso e che sto leggendo.
V: Vedo che hai portato con te una copia di Fondamenta degli Incurabili!
M: Sì, me l’ha regalato mia zia Gaetana sei anni fa. Ho poca memoria di questo libro, forse perché l’ho letto in un momento in cui non ero predisposta. Ho dei ricordi, delle immagini, delle suggestioni – la nebbia, l’inverno, la laguna – ma se mi chiedi di cosa parla, non me lo ricordo.
V: E’ sicuramente un’ode alla Venezia d’inverno, che è sicuramente un momento che ti predispone a raccogliersi con lei.
M: Un momento che ti porta a parlare con te stesso, e se non stai bene con te stesso fai molta fatica a stare nel momento. Venezia è proprio una città che ti porta a guardarti in faccia senza strutture, senza maschere. Se porti delle maschere qui hai vita molto breve.
V: Il che è interessante, perché Venezia è nota per essere la città delle maschere. Che però porti per quel periodo dell’anno e poi basta.
M: Esatto, ma se già porti delle maschere dopo un po’ vuoi andare via, perché vuol dire che non sei onesto con te stesso. Questa città ti porta a dover essere onesto con te stesso, di conseguenza anche con gli altri, su chi sei, cosa fai, come ti relazioni con gli altri. Altrimenti è sfiancante, altrimenti ti esclude, perché il contatto con l’altro è talmente ravvicinato che richiede apertura, onestà.
“Venezia è proprio una città che ti porta a guardarti in faccia senza strutture, senza maschere. Se porti delle maschere qui hai vita molto breve.”
V: Qual è la cosa che più ti piace fare quando sei libera?
M: Idealmente, se domani avessi un giorno libero e ci fosse un sole bellissimo, la mia giornata sarebbe questa: prepararmi un piccolo pranzo al sacco, prendere un vaporetto, andare al Lido a fare una lunga camminata fino in fondo, in fondo agli Alberoni, dove c’è il battello, imbarcarmi fino a Pellestrina e camminare, camminare tutti i sette chilometri, camminare tra le case, salutare le persone, fermarmi dove c’è una piccola chiesetta, San Piero in Volta, minuscola, bellissima, prendere un momento di raccoglimento e poi ripartire. Così, un pellegrinaggio in mezzo al mare.
V: Hai dei luoghi preferiti in città?
M: Il centro teatrale di ricerca in Giudecca, che è l’isola dove vivo. Lì ho fatto dei corsi di danza, corsi di teatro, è un posto stupendo dove sperimentare col corpo, con la mente, con l’anima, un posto magico. E poi mi piace pranzare nelle osterie tipiche veneziane. I miei genitori hanno una trattoria di famiglia e lì ci trovo quello stesso spirito, molto semplice, onesto. E alla fine è questo che a me piace di Venezia, questi posti onesti che mantengono uno spirito umano e sociale.